Spesso quando un’ape entra in una stanza c’è sempre qualcuno che si alza di scatto e scappa via. E c’è sempre qualcuno che dice: se stai fermo non ti fa niente! È una scenetta che va avanti dalle scuole elementari fino a quando non siamo adulti, ma la verità è che un’ape non vorrebbe mai farci del male.
Quando sono lontane dal loro alveare raramente pungono, e se lo fanno è perché le prendiamo in mano o le calpestiamo facendole sentire minacciate.
Ma cos’è esattamente il pungiglione? A cosa serve?
L’ape, come le formiche e le vespe, appartiene all’ordine degli aculeati, particolari insetti che hanno trasformato il tubo cavo dove deporre le uova in un pungiglione.
La conclusione è semplice: poiché il pungiglione si sostituisce all’ovodepositore, solo le api femmine ce l’hanno. I poveri fuchi al massimo possono produrre una pseudo-puntura, ma per il resto paiono quasi inermi.
Il fatto che l’evoluzione abbia consentito questa modificazione anatomica, è dovuto al fatto che il compito primario delle api operaie è quello di proteggere la regina e l’alveare.
Per questo hanno dovuto sviluppare un apparato difensivo al posto di uno riproduttore, un apparato così forte da avere anche una certa autonomia rispetto al resto, e avere una muscolatura abbastanza forte da iniettare la massima quantità di veleno possibile.
L’unico problema è che il pungiglione è direttamente collegato al resto del corpo, e quando questo si stacca, essendo seghettato, rimane attaccato alla pelle e trascina con sé le viscere provocando la morte dell’ape.
Eppure, nonostante questo, è proprio il pungiglione a salvarle non tanto individualmente, ma nella comunità.
Si potrebbe pensare all’alveare come un luogo assai ghiotto per i predatori.
In effetti, uova larve e pupe ancora non in grado di scappare rappresentano un bel bottino per molti animali, e niente fermerebbe anche i più famelici predatori se non quel benedetto pungiglione.
Se per molti animali il veleno iniettato dalle api può risultare letale, vi sono diversi casi in cui gli esseri umani lo hanno utilizzato a scopi terapeutici ed estetici.
Tuttavia, i problemi sono molti.
Non solo non vi sono studi scientifici accertati, ma vi sono anche molte reazioni allergiche inaspettate dovute alla ripetuta frequenza e al dosaggio di veleno. E poi c’è la questione etica: per ogni puntura, un’ape muore ingiustamente, e senza nemmeno aver difeso il suo alveare! Bisognerebbe avere rispetto per la vita non solo umana, ma anche di questi insetti così preziosi per l’ecosistema naturale.
Perché a volte è l’uomo il più pericoloso tra tutti gli animali, e viene da ridere a vederlo scappare quando una piccola ape entra dalla finestra.